SI, MA VERDI E' UN'ALTRA COSA...
“Hai presente quelle cose che mai
avresti pensato di di fare nella vita? Ecco, io mai avrei pensato di
andar due volte a Cankarjev Dom nel giro di un mese. Costruito in
epoca yugoslava (si vede) nel cuore di Lubiana, a due passi dal
Parlamento, la “Casa di Ivan Cankar” è il più grosso centro
culturale e congressuale sloveno. Più che per il posto, per gli
avvenimenti cui ho partecipato, ovviamente. Di che si tratta? Indovina...
Lavi i piatti, in cucina, in sottofondo la favella slava delle coinquiline che chiacchierano tra loro.
Sguardo interrogativo, traduzione immediata: “I am inviting her to
go to Opera on Friday: I got two free tickets, all my friends are
already going, I am inviting her, but she is sick... It is a very big
event: Wagner. It hasn't been played for 30 years in Slovenia: we
don't have a theatre big enough; to play Wagner is necessary a big
orchestra, you know....”. “Well... yes...” annuisci, da esperto
consumato...”What do they play?” chiedi. “The flying Dutch”.
“Oh! Nice...”, altra espressione intelligente bluffatissima.
“Indeed”, ti viene risposto.
Pochi giorni
dopo, quando è chiaro che l'influenza ha avuto la meglio sulla
coinquilina, accade l'imprevedibile. “Antonio, do you want to come
to Opera?”. “Ehm...if you don't find anyone else...Look: it can
be embarassing for you, I am not a big expert....You know I have been
twice to theatre: to see a concert of Morricone and the “Swan lake”
of Tchaikovsky...”. Sorride bonariamente capendo
che, in effetti, non ci capisci un cazzo per davvero.
L'idea comincia a piacerti, ne parli anche su Skype con gli amici. “Giusé,
sai, vado a vedere l'Opera con una mia coinquilina che è
musicologa...già mi vedo quando i suoi amici mi chiederanno
qualcosa...” “Che ti frega...tu guardali con aria di sufficienza
e digli “Si, ma Verdi è un'altra cosa...” e te ne vai. Si fa così”.
Brillante.
L'indomani inizia nel migliore dei
modi: una chiamata dal Portogallo da parte di SALTO ti annuncia di
essere stato pre-selezionato per facilitare un training
sull'inclusione sociale dei giovani con disabilità, organizzato da SALTO e
dall'Agenzia Nazionale Giovani Portoghese. Non credi alle tue orecchie. Pochi
istanti prima di uscire, un'email ti conferma di essere stato preso.
Senza nemmeno aver tempo per gioire, ti ritrovi nel parterre, in orrima
posizione. Senti dei suoni che arrivano dal basso: i musicisti
stanno accordando gli strumenti. Capisci al volo – con sorpresa – che l'orchestra non si vedrà, immagini che sul palco di fronte a te
arriveranno gli attori. Capisci anche che gli attori d'Opera cantano
e recitano allo stesso tempo. Progressi da gigante.
A un tratto cala il silenzio, arriva un
ometto vestito di bianco, che ricorda vagamente Donadoni. E' il
direttore d'orchestra: applausi, inchino, si gira e si parte. Un faro
gli illuminerà la chierica, tra i riccioli neri. Parte la musica,
accompagnata da immagini proiettate su teli trasparenti – che
verranno via via rimossi. L'atmosfera è semplice: le immagini sono in
bianco e nero su sfondo scuro; il resto è bianco (a terra c'è del
sale, mentre una carcassa di un dinosauro – il vascello fantasma –
un lampadario e alcuni filari rimangono sospesi o fanno su e giù, a seconda della
necessità). Nonostante i sottotitoli sloveni e l'Opera tedesca, non
è noioso. La conoscenza della trama (studiata fugacemente il giorno
prima, assieme alle biografie di Wagner e Verdi) si è rivelata
fondamentale. L'attrice che interpreta Senta ti pare davvero brava.
L'unica cosa che ti sfugge è perché vi siano due televisioni con le
immagini del direttore d'orchestra piazzate alle spalle del pubblico.
Lentamente capirai che anche gli attori seguono i dettami di
Donadoni: le televisioni servono a loro, ti verrà detto poi.
L'assetto di Cankarjev Dom è molto
diverso da “L'atleta sloveno dell'anno”, che hai seguito a
dicembre alcune poltrone più indietro (arrivando in ritardissimo,
sudato e di corsa, assieme alle guardie del corpo del Presidente
della Repubblica uscente), dopo essere stato sorprendentemente e casualmente invitato via
email il giorno prima. Allora, la scenografia era molto più dinamica
e colorata. Fu interessante stringere la mano al
segretario generale del Comitato Olimpico Sloveno (circondato da
medaglie olimpiche, campioni e glorie dello sport sloveno, presente e
passato – molte delle quali - ovviamente - sconosciute) in qualità di CEO
dell'International Institute for Sustainable Development, Policy and
Diplomacy of Sport (un think tank giovane, dinamico, abbastanza
piccolo ma con tanta voglia di fare e ambizioni amplissime). Il boss ti
stima e, anche se ogni tanto si perde dietro i voli pindarici che il
suo essere filosofo gli impone, ha agganci ovunque, come capisci
mentre stringi mani importanti, a destra e manca, durante il
buffet.
Nel frattempo è arrivata la pausa,
chiacchieri con alcune musicologhe: sono esperte e gentili, non te la
senti di uscirtene con Verdi. Rientri per il terzo atto, in un attimo
siamo agli applausi. Sorridi quando “Santa” si prende la standing
ovation più consistente. “Next time I want to see Verdi” dici
alla coinquilina che sorride, forse pensando che sta creando un
mostro, rientrando verso casa.
E' stato bello, pensi, anche se ti è
rimasto un rammarico piccolo piccolo. Che svanisce però quando entri
su Facebook e trovi un commento di una cara amica lituana, che probabilmente se ne intende per davvero: “Wagner
è il migliore!”, ti dice. “Si, ma Verdi è un'altra cosa...”.
Sorridi di gusto, via ad aggiornare il blog!
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