domenica 10 marzo 2013

QUATTORDICESIMA PUNTATA

LA VITA E' MERAVIGLIOSAMENTE IMPREVEDIBILE

Senza sapere bene il perché, partecipi a uno scambio di giovani in Romania. Come sempre accade, rimani in contatto con 4 o 5 persone. Di cui tre sloveni. Correva l'anno 2010. E così, quando qualche anno dopo ti ritrovi nella terra della straordinaria Tina Maze, li ricontatti per una birretta. Scopri che Aliaz è a Praga, ha seguito la sua ragazza in Erasmus. Ma ti dice che devi assolutamente chiamare Gregor per vedere le partite con lui: è un gran tifoso del Milan, parla italiano ed è un bravo ragazzo.

A distanza di qualche mese, complice il trasferimento in città, ti sei ritrovato a essere un membro della compagnia di Aliaz (temporaneamente in Cechia), Igor (reduce dallo scambio in Romania - una persona davvero colta, raffinata, educata e istruita), Gregor (rossonero doc – forse l'amico e compagno di scorribande notturne che non hai mai avuto), Rock (si scrive senza “c”, ma a me piace pensarlo all'inglese) e Miha (laureando in italiano), cui si aggiunge occasionalmente Andrej. Sono tutti i Nova Gorìca (mi raccomando l'accento sulla “i”, ci tengono), per cui tutti parlano fluentemente in italiano: son simpatici, bontemponi, allegri e aperti. Un gruppo di persone con cui è piacevole stare in compagnia, un gruppo di persone con cui non esci meramente per non stare a casa, utilitaristicamente per “conoscere persone all'estero” o giusto per non guardar le partite da solo davanti al pc. Sono un gruppo di persone con cui stai davvero bene. Un gruppo di persone che ti accettano per quello che sei, che sono interessate a conoscere meglio l'Italia e a “praticare l'italiano”.

Un gruppo di persone che se ci pensi ogni tanto ti senti un po' in colpa, perché la maggioranza si adatta a te che sei straniero a casa loro. E lo fa allegramente, col sorriso sulla bocca senza fartelo pesare minimamente. “A noi fa piacere parlare con te per parlare con te, non perché sei italiano: a noi non cambia niente parlare in italiano, inglese o sloveno, a noi piace parlare italiano perché non lo parliamo mai”. Un gruppo che si autodefinisce di “zingari” e ride dell'allegra tradizione italica di racchiudere in questa categoria tutta l'Europa Orientale. Poco conta che abitano a tre chilometri dal confine e parlano italiano meglio di tanti italiani: loro vengono additati così. E ci ridono su!

E' interessante star con loro. Siamo cresciuti guardando gli stessi cartoni, le stesse trasmissioni, gli stessi film e condividendo la passione per il gioco più bello del mondo. E fa specie sentire la ragazza di Igor (che vive nella parte orientale del paese) che, in un italiano discreto, ti dice che ha iniziato a studiare italiano perché “il mio ragazzo è di Nova Gorica, i suoi amici parlano tutti italiano, per cui ho voluto imparare”. Loro hanno davvero “un piede di qua e uno di la”.

Perché in Slovenia è così: quando meno te lo aspetti, trovi qualcuno che parla italiano. Magari mentre fai stretching in palestra, sbuca l'istruttore che ti approccia in sloveno ma che in tre nanosecondi ti dice di essere anch'egli di Nova Gorica. O mentre chiedi “Excuse me, could I use that?” puntando dei pesi, con il tabozzo che ti risponde “...Ueh, parla pure in italiano...” (è di Sezana, tre passi da Trieste). O al bar, tra gli amici di un amico, che hanno studiato alle elementari o hanno fatto lo SVE in Sicilia. E ci son rimasti quando, in Sicilia, con il loro italiano scolastico, non capivano ciò che diceva la gente: “non pensavo che il dialetto siciliano fosse così diverso dall'italiano. Ma anche a Milano si parla così?”. Nei ristoranti inoltre, non è così improbabile di ricevere menu che includono anche l'italiano. Sicché, dopo un po', ci si vizia e, anche il consolidato inglese, a tratti tende a scricchiolare.

“Now, after the elections, how is the situation in Italy?”. “A mess, as always!” sorridi, pensando che se fino a qualche settimana fa la domanda ricorrente era “Ma perché gli italiani votano Berlusconi?”, da oggi il nuovo tormentone è la spiegazione del nostro sistema bicamerale, il premio di maggioranza su base nazionale alla Camera e su base regionale al Senato. E perché è così? E' il porcellum, bellezza! 

Ma non ti criticano per il sistema politico “Anche da noi la situazione non è buona, per cui non possiamo permetterci di criticare gli altri”. Ma qui, al posto di parlare, gli sloveni si stanno attivando per protestare contro la classe politica corrotta e contro il “sistema pubblico”, tendenzialmente iniquo e poco trasparente. 

Hanno rovesciato il sindaco di Maribor, seconda città del paese, al grido di GOTOF JE (“è finito”) poiché aveva nove processi in corso. Hanno fatto cadere il Governo perché la commissione anti-corruzione ha trovato dei movimenti sospetti sui conti correnti del Premier Jansa (nell'ordine delle decine/centinaia di migliaia di Euro – Jansa fu inoltre coinvolto nello caso “Patria”, uno “scandalo internazionale” relativo alla produzione di alcuni carri armati destinati alla Finlandia che ha comportato l'arresto di alcuni finlandesi che hanno ammesso di aver corrotto alcuni politici sloveni).

Partita un po' per gioco, complici i social media, dopo una prima fase distruttiva, la protesta sta ora diventando propositiva. I manifestanti vogliono riforme, trasparenza, equità e giustizia (specialmente relativamente alle punizioni per chi ha sbagliato, indebitando il paese in maniera illecita). Poiché la macchina burocratica è piccola, molti nomi sono infatti noti. Inoltre, non è difficile mobilitare un numero di cittadini che superi la “massa critica” e non è complicato organizzare eventi e manifestazioni. Il "movimento" ha inoltre deciso di rimanere espressione di puro attivismo civico, non si trasformerà in un partito politico e non è vietato a chi ne fa parte di aderire a un partito.

L'ultimo appuntamento era per domenica alle tre. Erano le sei passate, pioveva a dirotto, ma le strate di Lubiana pullulavano di persone, giovani, adulti e famiglie che, “armati” di con striscioni e stendardi e fischietti, passeggiavano tranquillamente nelle vie del centro. In Piazza del Congresso c'era un concerto. Tutto tremendamente pacifico.

E ci sarebbe spazio anche per un po' di ironia nell'analizzare questo fenomeno politico. Ma non oggi. 

Oggi voglio solo gioire della bellezza di essere europeo, di sentirti europeo. Della bellezza di ritrovarti in un paese nuovo, nel centro della sua splendida capitale, a fare un bel lavoro, circondato da persone che parlano “la tua lingua”, con cui ti trovi bene, e da prodotti italiani (dello stesso discount cui mamma fa la spesa a Pieve). 

La vita è meravigliosamente imprevedibile.

domenica 3 febbraio 2013

TREDICESIMA PUNTATA


RIFLESSIONI DOMENICALI BELGRADESI

Ma sai che ieri Milica e Goran mi hanno fatto i complimenti per il blog?...Si, beh, scrivi davvero bene, a proposito, sai che c’e’ una cosa che volevo dirti da un po’? Alcune volte sei troppo supponente, te la tiri troppo... Chi ti conosce magari capisce pure lo spirito con cui scrivi, pero’ chi si trova a leggere dopo averti conosciuto da poco magari potrebbe pensare “Ma questo qua che cazzo vuole? Perche’ non se ne torna a casa sua?”....Si, ma sai cosa? E’ che il blog e’ un po’ una valvola di sfogo, scrivere mi aiuta...Proprio questo e’ il punto: dovresti essere piu’... simpatico, e magari concentrarti di piu’ sugli aspetti positivi, non solo su quelli negativi. Sei pure bravo a scrivere, voglio dire...”. Fiuh....uhhh....Zac! La luce si illumina, stoccata valida!

Obiezione accolta, parola alla difesa. Mi avvalgo della facolta’ di non rispondere, rimettendomi alla clemenza della corte.... Chiedo di rinviare l’udienza per legittimo impedimento...Anzi, no, ho problemi di salute, ecco il certificato medico...Maledette toghe rosse!!! In effetti Federico, l’interlocutore di cui sopra, pur non essendo un giudice, e’ uno che con la destra proprio non va d’accordo, piuttosto gira a sinistra tre volte. Pero’ ha centrato il bersaglio: in effetti, a questa cosa qua, ci pensavo da un po’.

Il punto e’ che ironia, auto-ironia e sarcasmo, sono il mio pane quotidiano, la mia quintessenza, le lenti con cui osservo il mondo. Sinceramente, non mi e’ mai parso di usare un metro di giudizio diverso tra me stesso e gli altri, o nel valutare una citta’ e l’altra, l’Italia, la Slovenia o qualsiasi altra nazione. Piu’ che critica supponente, l’idea e’ di sdrammatizzare e (far) sorridere.

Il problema sta tutto nelle dosi. Un bicchiere di buon vino impreziosisce il pasto. Tre bicchieri di vino con la compagnia giusta riconciliano col mondo. Un paio di bottiglie ti rendono difficile il risveglio. Se una sbornia ogni tanto e’ pure plausibile - magari anche auspicabile -, l’eccesso di vino e’ dannoso, controproducente, sbagliato.

E cosi, anche a un provetto blogger, puo’ capitare di eccedere con i pesi, senza badare troppo ai contrappesi. Sia pero’ ben chiara una cosa: l’idea di concedere asilo o cittadinanza (ma nemmeno uno striminzito permesso di soggiorno temporaneo) all’arroganza, alla (pretesa di) perfezione non ha mai nemmeno sfiorato l’idea del creatore-padre-padrone di Lubiantograd.

Tutto comincia nel 2006 quando un ragazotto scopriva entusiasta la Lituania. Dopo aver spedito due email a una lista infinita di amici, si rendeva conto che un blog forse sarebbe stata una soluzione piu’ pratica: nasceva cosi Cronache Lituane, “un “blog-reality-show” con un solo concorrente, senza eliminazioni e televoto”. L’idea di affacciarsi a una “finestra su un mondo nuovo”pareva piacere. E cosi sono arrivati Mai dire rom, Danimarcantonio, il Corriere della Serbia e Lubiantograd. Il ragazzotto sta cercando di crescere, allargare le vedute, diventare un uomo. La prospettiva forse e’ cambiata, ma la voglia di raccontare, di raccontarsi, di scrivere e di condividere e’ rimasta la stessa. Stimolare la curiosita’, fornire spunti di riflessione, smontare i pregiudizi, prendere tutto alla leggera, col sorriso. Alcune volte ci si riesce, altre no.

E dire che ieri era il mio compleanno, non lo festeggiavo dai tempi di Cristina D’Avena, dei Fivelandia, della Cocacola e Fanta come bevande. E’ stato bello ritrovarsi a Belgrado dopo qualche anno e festeggiare con Federico - fido compagno di battaglie in mille avventure belgradesi -, la cui torta non fa rimpiangere troppo quella della mamma (sentita via Skype).

E’ stato bello rivedere e conoscere meglio persone incontrate fugacemente in vari angoli di Europa. E ritrovare nel fluente italiano di Milica (studentessa serba, ex Erasmus) una melodia vagamente romanesca e negli occhi di Goran la voglia di esprimersi nella lingua di Dante, appresa qualche anno fa, un pelo arrugginita ma sempre efficace. E festeggiare con Sanja, Marina, Natasa e Nevena, conosciute nel passato piu’ o meno recente in training e seminari. Divertirsi e ballare, fino a notte fonda. E risvegliarsi senza mal di testa, sorprendentemente.

Sai cosa mi e' mancato di Belgrado? I cevapi da 'Cevabdzinica Sarakevski. E sai che c'e'? Ho fame, vado a mangiare. Buona domenica!

sabato 19 gennaio 2013

DODICESIMA PUNTATA

SI, MA VERDI E' UN'ALTRA COSA...

“Hai presente quelle cose che mai avresti pensato di di fare nella vita? Ecco, io mai avrei pensato di andar due volte a Cankarjev Dom nel giro di un mese. Costruito in epoca yugoslava (si vede) nel cuore di Lubiana, a due passi dal Parlamento, la “Casa di Ivan Cankar” è il più grosso centro culturale e congressuale sloveno. Più che per il posto, per gli avvenimenti cui ho partecipato, ovviamente. Di che si tratta? Indovina...

Lavi i piatti, in cucina, in sottofondo la favella slava delle coinquiline che chiacchierano tra loro. Sguardo interrogativo, traduzione immediata: “I am inviting her to go to Opera on Friday: I got two free tickets, all my friends are already going, I am inviting her, but she is sick... It is a very big event: Wagner. It hasn't been played for 30 years in Slovenia: we don't have a theatre big enough; to play Wagner is necessary a big orchestra, you know....”. “Well... yes...” annuisci, da esperto consumato...”What do they play?” chiedi. “The flying Dutch”. “Oh! Nice...”, altra espressione intelligente bluffatissima. “Indeed”, ti viene risposto.

Pochi giorni dopo, quando è chiaro che l'influenza ha avuto la meglio sulla coinquilina, accade l'imprevedibile. “Antonio, do you want to come to Opera?”. “Ehm...if you don't find anyone else...Look: it can be embarassing for you, I am not a big expert....You know I have been twice to theatre: to see a concert of Morricone and the “Swan lake” of Tchaikovsky...”. Sorride bonariamente capendo che, in effetti, non ci capisci un cazzo per davvero. 

L'idea comincia a piacerti, ne parli anche su Skype con gli amici. “Giusé, sai, vado a vedere l'Opera con una mia coinquilina che è musicologa...già mi vedo quando i suoi amici mi chiederanno qualcosa...” “Che ti frega...tu guardali con aria di sufficienza e digli “Si, ma Verdi è un'altra cosa...” e te ne vai. Si fa così”. Brillante.

L'indomani inizia nel migliore dei modi: una chiamata dal Portogallo da parte di SALTO ti annuncia di essere stato pre-selezionato per facilitare un training sull'inclusione sociale dei giovani con disabilità, organizzato da SALTO e dall'Agenzia Nazionale Giovani Portoghese. Non credi alle tue orecchie. Pochi istanti prima di uscire, un'email ti conferma di essere stato preso. Senza nemmeno aver tempo per gioire, ti ritrovi nel parterre, in orrima posizione. Senti dei suoni che arrivano dal basso: i musicisti stanno accordando gli strumenti. Capisci al volo – con sorpresa – che l'orchestra non si vedrà, immagini che sul palco di fronte a te arriveranno gli attori. Capisci anche che gli attori d'Opera cantano e recitano allo stesso tempo. Progressi da gigante.

A un tratto cala il silenzio, arriva un ometto vestito di bianco, che ricorda vagamente Donadoni. E' il direttore d'orchestra: applausi, inchino, si gira e si parte. Un faro gli illuminerà la chierica, tra i riccioli neri. Parte la musica, accompagnata da immagini proiettate su teli trasparenti – che verranno via via rimossi. L'atmosfera è semplice: le immagini sono in bianco e nero su sfondo scuro; il resto è bianco (a terra c'è del sale, mentre una carcassa di un dinosauro – il vascello fantasma – un lampadario e alcuni filari rimangono sospesi o fanno su e giù, a seconda della necessità). Nonostante i sottotitoli sloveni e l'Opera tedesca, non è noioso. La conoscenza della trama (studiata fugacemente il giorno prima, assieme alle biografie di Wagner e Verdi) si è rivelata fondamentale. L'attrice che interpreta Senta ti pare davvero brava. L'unica cosa che ti sfugge è perché vi siano due televisioni con le immagini del direttore d'orchestra piazzate alle spalle del pubblico. Lentamente capirai che anche gli attori seguono i dettami di Donadoni: le televisioni servono a loro, ti verrà detto poi.

L'assetto di Cankarjev Dom è molto diverso da “L'atleta sloveno dell'anno”, che hai seguito a dicembre alcune poltrone più indietro (arrivando in ritardissimo, sudato e di corsa, assieme alle guardie del corpo del Presidente della Repubblica uscente), dopo essere stato sorprendentemente e casualmente invitato via email il giorno prima. Allora, la scenografia era molto più dinamica e colorata. Fu interessante stringere la mano al segretario generale del Comitato Olimpico Sloveno (circondato da medaglie olimpiche, campioni e glorie dello sport sloveno, presente e passato – molte delle quali - ovviamente - sconosciute) in qualità di CEO dell'International Institute for Sustainable Development, Policy and Diplomacy of Sport (un think tank giovane, dinamico, abbastanza piccolo ma con tanta voglia di fare e ambizioni amplissime). Il boss ti stima e, anche se ogni tanto si perde dietro i voli pindarici che il suo essere filosofo gli impone, ha agganci ovunque, come capisci mentre stringi mani importanti, a destra e manca, durante il buffet.

Nel frattempo è arrivata la pausa, chiacchieri con alcune musicologhe: sono esperte e gentili, non te la senti di uscirtene con Verdi. Rientri per il terzo atto, in un attimo siamo agli applausi. Sorridi quando “Santa” si prende la standing ovation più consistente. “Next time I want to see Verdi” dici alla coinquilina che sorride, forse pensando che sta creando un mostro, rientrando verso casa.

E' stato bello, pensi, anche se ti è rimasto un rammarico piccolo piccolo. Che svanisce però quando entri su Facebook e trovi un commento di una cara amica lituana, che probabilmente se ne intende per davvero: “Wagner è il migliore!”, ti dice. “Si, ma Verdi è un'altra cosa...”. Sorridi di gusto, via ad aggiornare il blog!

martedì 15 gennaio 2013

UNDICESIMA PUNTATA

UNDICESIMA PUNTATA ...MAMMA CHISSA' SE VALEVA LA PENA, FARE TANTA STRADA E ARRIVARE QUA...

Chi lo sa, forse sono rincorbellito del tutto, o forse sono felice…a parte quella specie di ovo sodo dentro, che non va né in su né in giù…
Sguardo basso, occhi tristi e un sacchetto con ciò che era rimasto a casa sua. Due paia di jeans, due magliette, guanti, un po' di pasta, sapone, shampoo e schiuma da barba sono il residuo di quattro anni. Abraccio, un bacino che non riesci a trattenere. Poi tre passi avanti, uno sguardo indietro, poi di nuovo tre avanti, poi pausa, passo indietro. Anzi no, dietro front, si prosegue. Pausa, e via fino allo stop. La decisione di vederla partire, salutarla, forse per l'ultima volta, con la manina. E puntare verso la casa nuova, che è dall'altra parte del centro.
...So, so you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain. Can you tell a green field from a cold steel rail? A smile from a veil? Do you think you can tell?...
Per le strade – qua e là – incroci studenti in cerca di svago, alcune coppiette che passeggiano e qualche crocchio di amici che chiacchierano. Cerchi i loro volti, ma poi lo sguardo si abbassa pesante verso il suolo innevato. L'unico abbozzo di sorriso sta nei i pupazzi di neve che, di tanto in tanto, salutano il tuo passaggio. Pensi a cosa sia la dignità, a cosa vuol dire essere Uomo. A come sia difficile crescere, a volte.
...And did they get you trade your heroes for ghosts? Hot ashes for trees? Hot air for a cool breeze? Cold comfort for change? And did you exchange a walk on part in the war for a lead role in a cage?...
E ripensi a quando salisti su quell'aereo per Vilnius, carico di energia, di ottimismo e di entusiasmo. Curioso della vita, confidente nel futuro. Ti chiedi cosa ti direbbe oggi quel ragazzotto se ti vedesse così. Se sapesse che cosa sarebbe successo dopo. Con gli occhi umidi, ripensi al tuo allenatore degli allievi regionali, ai suoi suggerimenti e a quel “ci vuole personalità!” che ti ripeteva con bonaria insistenza.
...How I wish, how I wish you were here. We're just two lost souls swimming in a fish bowl, year after year, running over the same old ground.
E ripensi alla serata, alla cena, al confronto, anche maturo. Quante cose vorresti dire, quante cose vorresti dirle. Ma infondo, che senso ha? Che importa? A che pro? Ti ritorna in mente quel “Enjoy Slovenia” che ti  ha abbozzato tra le lacrime prima di sedersi alla guida e andar via. Davvero mai avresti immaginato che sarebbe finita così. La realtà batte la finzione, la realtà batte il sogno. Come sono lunghe le strade di Lubiana, com'è grande il centro quando non vorresti attraversarlo.
...What have we found? The same old fears, wish you were here...
Questa è una di quelle notti che vorresti non finissero mai. Una di quelle notti che ti fa sentire vivo. Una di quelle notti in cui ti domandi se poi, alla fine, vale davvero la pena di continuare a inseguire i sogni, di ingoiare bocconi amari, di continuare a illuderti che il futoro sarà migliore. Chiedersi dove si sbaglia, perché la vita non è come si sperava che fosse. Non capire niente di niente. Perché il mondo non va come avrebbe dovuto. Forse bisogna solo accontentarsi. O forse il tempo dei sogni è finito, a trent'anni suonati. Ecco il portone, finalmente a casa, che voglia di dormire...